Un blocco per chi blocca gli Ad?
Se utilizzi servizi di ad blocking non ti faccio leggere la posta.
Detta così, pare quasi un capriccio da ragazzini, una marachella di chi per dispetto reagisce in maniera spropositata alla decisione di qualcuno. Però è una cosa successa realmente: oggi è finita su quasi tutti i giornali e ieri anche Wired ha riportato la notizia, spiegando cos’è accaduto a un utente che ha letto uno strano messaggio quando ha tentato di accedere alla propria Yahoo mail.
La notizia è sinteticamente questa: Yahoo non fa leggere la posta a coloro che hanno attivi dei servizi di Ad blocking che, tradotto in soldoni, sono quelle app che bloccano le pubblicità (spesso odiose) che ingolfano la nostra navigazione on line. Ma Yahoo non è certo il solo a dichiarare guerra ai “bloccatori di pubblicità”. Pare ci abbia pensato anche il Washington Post.
Vuoi leggere la posta e informarti gratis? E allora beccati la pubblicità! Il messaggio sembra grosso modo questo.
Ma il problema – fatemelo dire – non è certo solo quello della posta elettronica.
La decisione di alcune aziende di bloccare la navigazione per coloro che usano Ad block evidenzia un grosso problema quanto mai attuale: se i contenuti on line sono gratis, chi paga? Dove sta il business? E, più che altro, come si sopravvive?
Parliamoci chiaro: secondo alcuni, i servizi di Ad blocking stanno minando una delle poche certezze della stampa on line oggi. Tutto gratis, tutto veloce, tutto sempre a portata di mano. Ma chi paga? La pubblicità. O almeno dovrebbe. Potrebbe pagare tramite gli spot e i banner maledetti da tutti i navigatori. Sì, proprio quegli odiosi banner che si sovrappongono alla schermata del pc appena cominci a leggere qualcosa. Potrebbero, dicevo. Parecchi usano sistemi per bloccare questo tipo di pubblicità. E allora? Ecco che si corre ai ripari: si bloccano i contenuti per chi blocca la pubblicità. Come in una sorta di ricatto (mi si passerà il parolone): se non sei disposto a vedere lo spot, io non ti faccio usufruire di determinati servizi. Una sorta di do ut des del web 3.0.
Ma una riflessione più seria ancora, io la farei sulla qualità della pubblicità che si blocca. Siamo sicuri che gli utenti blocchino la pubblicità perché la odiano? Se blocco gli spot è perché voglio leggere direttamente la posta o le notizie, certo. Ma siamo certi che la pubblicità abbia fatto tutto – e sottolineo tutto – per attrarre l’attenzione dei potenziali clienti? La sensazione comune – spero che qualcuno possa smentire ciò che scrivo – è che i cosiddetti Ad siano più invadenti che efficaci. E se la pubblicità cambiasse l’approccio con i clienti? Saremmo tutti in corsa per bloccare gli Ad? Ecco, porrei questa domanda con una certa insistenza. Non per trovare una risposta certa a tutti i problemi; ma quantomeno per una riflessione seria e concreta sul tema.
La questione è abbastanza controversa. Non si potrà certo risolvere con un post. In gioco ci sono gli editori, i clienti, i potenziali clienti, l’advertising e le esigenze di business. Perché, gira e gira, la questione è sempre la stessa, quella che i saggi campani sintetizzano egregiamente nel motto “senza rnar nun s cantn mess” (senza soldi non si cantano messe).