A proposito della pericolosità delle conferenze stampa
Il titolo del post è liberamente tratto da una domanda incuriosita al termine di una mia breve lezione/testimonianza sul mondo dell’informazione.
A fine chiacchierata, un corsista alza la mano e comincia a chiedermi: “a proposito della pericolosità delle conferenze stampa, io volevo chiedere…”.
Adesso, sia chiaro, devo confessarlo: il messaggio della pericolosità della conferenza stampa – pur senza usare lo stesso abbinamento di termini – lo avevo lanciato io nel corso della nostra chiacchierata. Perché?
Suvvia, non mi dite che non siete mai incappati in una di quelle conferenze stampa inutili, che dopo avervi fatto perdere una mattinata di tempo, non vi danno neanche una notizia che meriti di essere definita tale!
Ma la mia idea, in occasione della breve lezione, era quella di sconsigliare potenziali comunicatori/addetti stampa di associazioni ed enti dal convocare conferenze stampa in ogni momento. Insomma, ho provato a mettermi nei loro panni e ho provato a dare consigli a proposito di scelte che non sono sempre semplicissime.
Quando il tuo “capo” – inteso come organo politico/presidenziale/di vertice dell’organismo per cui curi i contatti con il mondo dei media – ti chiede di convocare una conferenza stampa, non è detto che l’idea sia giusta: andrebbe valutato ogni singolo dettaglio. In primis, la presenza della stampa.
Allora l’assioma è semplice: se per un evento potete dare tutte le informazioni in un comunicato stampa, perché dovete necessariamente convocare una conferenza stampa? Il rischio è di trovare una platea di giornalisti disinteressati, un gruppo di persone/non giornalisti presenti in sala per “riempire” oppure – forse ancora peggio – una sala desolatamente vuota. E a questo punto, per uno che di mestiere (o anche di hobby) vuole fare il comunicatore, non è meglio scrivere una bella nota e inviarla a tutti i giornalisti, chiedendo la pubblicazione, aggiungendo tutti i recapiti necessari per un eventuale contatto/approfondimento?