Diffamazione, Cassazione: no al carcere per i giornalisti
La Cassazione dice “no” al carcere per i cronisti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa. I giornalisti in quanto categoria sono – scrive la Cassazione in una storica sentenza – “attualmente oggetto di gravi ed ingiustificati attacchi da parte anche di movimenti politici proprio al fine di limitare la loro insostituibile funzione informativa”. La sentenza numero 12203, della V Sezione Penale della Suprema Corte, è stata depositata nella giornata di ieri ed esorta a non infliggere la pena del carcere in caso di condanne per diffamazione ma solo multe. “La libertà di espressione – si legge in uno stralcio della sentenza pubblicata dall’Agi – costituisce un valore garantito attraverso la tutela costituzionale dei diritto/dovere di informazione” che impone “anche laddove siano valicati i limiti del diritto di cronaca e/o di critica, di tener conto, nella valutazione della condotta del giornalista, della insostituibile funzione informativa esercitata dalla categoria di appartenenza” Laddove si era fermato il legislatore ordinario, verrebbe da dire, è intervenuta la Cassazione che ha ricordato “de iure condendo” anche come il legislatore ordinario sia orientato al ridimensionamento del profilo punitivo del reato di diffamazione a mezzo stampa. Non va trascurato – si legge inoltre nella sentenza – “l’orientamento della Corte Eu che esige la ricorrenza di circostanze eccezionali per l’irrogazione, in caso di diffamazione a mezzo stampa, della più severa sanzione, sia pure condizionalmente sospesa, sul rilievo che altrimenti non sarebbe assicurato il ruolo di ‘cane da guardia’ dei giornalisti, il cui compito è di comunicare informazioni su questioni di interesse generale e conseguentemente di assicurare il diritto del pubblico a riceverle”. La sentenza in questione ha detto “no” al carcere, anche se con pena sospesa, per un giornalista e per il direttore del quotidiano “La Voce di Romagna” per un articolo che riportava imprecise informazioni di cronaca giudiziaria su un furto all’interno di una caserma. L’articolo incriminato, datato marzo 2006, attribuiva a due militari (i diffamati) il furto ai danni di un collega, contrariamente al vero. Il Tribunale di Cremona e poi la Corte di Appello di Brescia avevano condannato i due cronisti, nonostante i giudici di secondo grado avessero ridimensionato sia il periodo di reclusione sia l’entità del risarcimento del danno. La sentenza della Cassazione oggi ha annullato con rinvio la sentenza di Appello limitatamente al trattamento sanzionatorio.